Si è svolto recentemente il convegno nazionale UNI-CIG (Comitato Italiano Gas) durante il quale è stata data lettura dell’ultimo rapporto sulla rilevazione degli incidenti da utilizzo di gas metano e GPL.

Ciò che questo rapporto evidenzia fin da subito è che gli incidenti mortali sono in diminuzione ma che anche i consumi hanno subito una notevole flessione: in definitiva ci sono meno incidenti ma diversi impianti non vengono più utilizzati. Questo avviene sia per gli impianti alimentati a Gas metano che per quelli alimentati a GPL (qui la flessione è ancora maggiore).

La domanda che si pone il direttore generale Michele Ronchi è: come far diminuire ancora questa statistica di incidenti mortali? Innanzitutto vi è da rafforzare la cultura della sicurezza: “Non fare le manutenzioni – spiega Ronchi – o considerare gli obblighi come il bollino blu come una tassa dovuta allo Stato è un modo improprio di affrontare questo problema“. Soprattutto alla luce della confusione ingenerata dall’attuazione a macchia di leopardo del DPR 74/13 e le interpretazioni assurde date da certe associazioni di consumatori (per le quali la manutenzione di sicurezza è sempre stata una tassa e non un servizio utile), bisogna impegnarsi a fondo per far percepire all’utente che adempiere agli obblighi di conduzione della caldaia (=farla controllare e pulire almeno una volta l’anno) è una sicurezza per lui, per la famiglia e anche per i propri vicini: pensiamo alle esplosioni di gas all’interno di appartamenti e a fatto che di solito tutto lo stabile viene evacuato.

Se la cultura per l’utente privato latita, purtroppo anche i professionisti del settore possono avere carenze. Michele Ronchi infatti prosegue: “L’Italia è l’unico Paese europeo a non disporre di uno strumento di qualificazione degli operatori. Abbiamo ritardi strutturali in molti campi, anche in termini di recepimento di direttive comunitarie importanti, che ci portano spesso a subire processi sanzionatori anche di un certo peso. Il Paese si deve impegnare, e molto. L’auspicio è che le dichiarazioni che ultimamente stiamo registrando in termini di spinta al cambiamento si rivelino presto in fatti concreti“.

Già con il patentino F-Gas e i prossimi sulle Fonti Energetiche Rinnovabili si sta tentando di colmare questo “vuoto” di certificazione delle competenze. Sicuramente un “patentino” dell’installatore tutelerebbe maggiormente i consumatori che sarebbero certi di ricorrere all’intervento di un professionista e non di un improvvisato dopolavorista; tuttavia, come nel caso del patentino F-Gas, attualmente mancano i controlli o i meccanismi che differenzino realmente chi è qualificato da chi non lo è. Il nostro timore è che tutta questa spinta virtuosa alla qualificazione si risolva nel solito giro di denaro che ruota attorno alla formazione obbligatoria per le aziende e che vada a costituire un peso per chi, come la nostra ditta, vuole tutelare i propri clienti e fornire il servizio rispettando appieno la normativa. Il peso della formazione obbligatoria (corsi sulla sicurezza, corsi di aggiornamento tecnico, corsi di preparazione all’utilizzo delle apparecchiature specifiche in sicurezza) è innegabile e negli ultimi anni si è fatto più importante ma non ha dato per contro i frutti: è de facto un costo e non un investimento. Tutto ciò perché manca un’efficace sistema di controllo e di repressione degli abusivi del pericoloso mestiere dell’installatore.

Auspico quindi che UNI-CIG riesca a far realizzare questo sistema di qualificazione dei professionisti per una maggior tutela del mercato, però tutto ciò non può prescindere da un rigoroso sistema di controlli per garantire l’efficacia del patentino dell’installatore.

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